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Crisi d'impresa: opportunità o obbligo? La via virtuosa del DSCR

Writer's picture: Gianluca DavicoGianluca Davico

Updated: Dec 11, 2019


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Compliance - Crisi d'impresa

Si parla tanto in questi giorni del nuovo codice della Crisi d'impresa cha ha stravolto la precedente disciplina del fallimento. Proprio ieri noi di WeeonD abbiamo partecipato ad un interessante forum organizzato a Milano da Assocontroller finalizzato a spiegarne i principi e come farvi fronte.

Una premessa: questa nuova normativa non fa altro che allineare anche l'Italia ad un approccio oramai in vigore da diverso tempo negli altri paesi comunitari.

Ci troviamo di fronte ad un mero obbligo? Oppure possiamo provare a vedere il bicchiere mezzo pieno e, partendo da questi nuovi requisiti, creare una opportunità per riprogettare e migliorare le capabilities aziendali per una migliore pianificazione sia delle operations che finanziaria.

Il DSCR e la Pianificazione Finanziaria: strumenti virtuosi per intercettare gli indizi della Crisi d'impresa.

Senza volere entrare nei meandri del codice, qui vogliamo spiegare le principali novità metodologiche e di approccio al tema introdotti con il Dlgs 14/ 2019 e che entrerà in pieno vigore dal 20 agosto 2020, noto come il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e Insolvenza

Da un punto di vista dell’impianto concettuale, le principali novità introdotte consistono:

  1. nell’introduzione dello stadio di crisi, volto a creare uno stato di allerta per intervenire proattivamente nella ricomposizione della crisi per garantire quindi la continuità aziendale

  2. nell'obbligare le imprese ad effettuare una "autodiagnosi" dello stato di salute finanziario, al fine di intercettare gli indizi segnalatori di un probabile stato di crisi prima che la crisi si manifesti e che sia troppo tardi per porre le azioni correttive.

  3. nell’obbligo di segnalazione, tramite procedure di allerta, che può essere attivata sia dagli organi interni di vigilanza di cui l’azienda si dovrà dotare, sia dagli organi esterni (INPS e Agenzia delle Entrate e Riscossioni) alla rilevazione degli indici di segnalazione della probabile crisi.

La disciplina e le proposte formulate – su mandato dell’art 13 del Dlgs – dal CNDCED – identificano le seguenti situazioni quali discriminanti per imporre l’attivazione dello stato di allerta:

  • in caso di non sostenibilità del debito nei prossimi 6 mesi;

  • nel pregiudizio alla continuità aziendale nell’esercizio in corso o perlomeno nei prossimi 6 mesi

  • ritardi di pagamento significativi e reiterati (debiti retributivi scaduti da oltre 60 gg; debiti vs fornitori scaduti da più di 120 gg)

Il modello di indici, definito secondo il dettato del D.Lgs, funziona secondo un meccanismo a cascata e secondo un principio gerarchico:

Il superamento del valore soglia del primo [….gruppo di indici] (i) rende ipotizzabile la presenza della crisi. In assenza di superamento del primo (i), si passa alla verifica del secondo (ii), e in presenza di superamento della relativa soglia è ipotizzabile la crisi. In mancanza del dato, [… ossia in mancanza del DSCR] si passa al gruppo di indici di cui all’art. 13, co.2. [1]
Crisi di impresa - indici - dscr - indici di settore
Struttura gerarchica indici crisi di impresa

La norma quindi pone il fulcro nella capacità di far fronte agli impegni finanziari prospettici su un orizzonte di 6 mesi, e l’indicatore principe indentificato è il DSCR Debt Service Coverage Ratio – dato dal rapporto tra il free cash flow della gestione operativa ed il flusso finanziario del debito.

La portata di questo approccio, rispetto alla prassi dominante del passato, tutta fondata sulle analisi di bilancio - come se il passato possa essere ancora indicativo del futuro in mercati sempre più dinamici - è evidente: la norma sposta l’accetto sul futuro, in particolare sul medio termine, indentificando la capacità prospettica e “forward looking” della gestione operativa dell’impresa a far fronte agli impegni finanziari.

A questa spinta verso un modello di gestione virtuoso, purtroppo, la norma consente anche la via breve di cui all’Art. 13 Co.2, ossia di far riferimento a degli indici di settore, proposti dal CNDCEC, calcolabili sulla base dei dati di bilancio, svincolando quindi l’azienda dall’obbligo di pianificazione.

Per dovere di cronaca, tali indici sono:

  • Indice di sostenibilità finanziaria, calcolato come rapporto tra oneri finanziari e fatturato

  • Indice di adeguatezza patrimoniale, calcolato come rapporto tra patrimonio netto e debiti totali

  • Indici di ritorno liquido dell’attivo, calcolato come rapporto tra il cash flow e l’attivo

  • Indice di liquidità, ossia il rapporto tra attivo a breve termine e debito a breve termine

  • Indice di indebitamento tributario e previdenziale, calcolato come rapporto tra il debito tributario e previdenziale con l’attivo.

Peggio ancora, l’art 13 – Co.3 abilita una ulteriore scorciatoia, prevedendo che “L’impresa che non ritenga adeguati, in considerazione delle proprie caratteristiche, gli indici elaborati a norma del comma 2 ne specifica le ragioni nella nota integrativa al bilancio di esercizio e indica, nella medesima nota, gli indici idonei a far ragionevolmente presumere la sussistenza del suo stato di crisi. Un professionista indipendente attesta l'adeguatezza di tali indici in rapporto alla specificità dell'impresa [….omissis].

Virtuosi o via breve?

Ora la vera domanda da porsi è la seguente: preso atto delle scorciatoie introdotte, quale sarà l’approccio che le imprese vorranno adottare?

Si cercherà di trasformare i vincoli posti dalla nuova normativa in un vantaggio, cercando di fare quegli sforzi necessari per introdurre nei propri processi aziendali le best practices della pianificazione o si preferirà non intraprendere la via dell’evoluzione e perseguire la via breve?

Prossime puntate

Nel prossimo blog spiegheremo – con focus sulle aziende manifatturiere – di come i processi abilitanti, propedeutici per arrivare al calcolo del DSCR, pongano le basi per una gestione virtuosa delle risorse ed il milgioramento delle performance aziendali.

Parleremo del ciclo di Manufacturing Planning & Control (MPC) articolato nelle seguenti fasi:

  1. Business Planning

  2. Priority Planning, articolato nelle fasi di S&OP – Sales & Operations Planning; MPS – Master Production Schedule e cenni di MRP - Materials Requirements Planning

  3. Execution & Control of Operations

MPC - Manufacturing Planning and Control
MPC - Manufacturing Planning and Control

Questi sono gli step che, correttamente organizzati con le fasi di gestione della domanda e gestione della capacità, portano:

  • Ad una gestione virtuosa delle risorse aziendali: tempo, lavoro, capacità, materiali e denaro

  • A migliorare il servizio al cliente, con livelli di servizio (capacità di evadere gli ordini) migliori e ottimizzando nel contempo gli impegni in scorte

Ed una volta integrati con gli aspetti della pianificazione finanziaria permettono di derivare il DSCR come un “by product”.

Note

[1] Il sole 24 ore - Documenti - Crisi d'impresa: Indici di Allerta dei Commercialisti

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